Alcuni sostengono che la società cubana ha perso nozioni essenziali di solidarietà, decenza e civiltà. Le crisi economiche portano con sé crisi di valori, dicono.
Sarebbe giusto dire che alcuni settori della società cubana, gruppi e individui specifici, hanno perso quei valori. Perché una buona parte di questa società dimostra quotidianamente la sua vocazione etica e civile, il suo attaccamento alle più elementari norme di convivenza.
Non viviamo nel caos, come alcuni sostengono, anche se c’è chi vuole creare il caos per “vivere meglio”.
Certamente, si nota negli spazi pubblici il mancato rispetto delle regole dell’educazione formale, associato a espressioni e atteggiamenti che stabiliscono maleducazione, maltrattamento e violenza nel campo delle relazioni interpersonali.
La legge del “più forte”, di colui che grida più forte, di colui che è capace di scavalcare i diritti degli altri per fare la sua volontà.
Il pericolo maggiore è quello di normalizzare questi atteggiamenti, che la gente li assume come naturali. O che finiscono per giustificarli di fronte alla regola delle circostanze.
Ci sono sempre state persone maleducate, ma c’è stata anche una chiara consapevolezza sociale dei gravi effetti della cattiva educazione. Queste sono nozioni che devono essere conservate.
Spetta alla famiglia insegnare i valori fondamentali. E spetta alla scuola, ai media, alle istituzioni pubbliche… promuoverle, consolidarle. Questo è l’appello che il Presidente della Repubblica ha fatto più volte: salvare la decenza dove è stata persa.
Le campagne pubbliche e le azioni educative sono benvenute, ma il successo sarà garantito dalle azioni quotidiane dei cittadini. Ed è chiaro: la legge dovrà essere applicata quando necessario. Una certa permissività ha aperto la strada all’indisciplina sociale.
Lo stato di diritto socialista deve essere più di un’aspirazione: deve essere reso concreto. E insieme a questi diritti, i cittadini hanno doveri e responsabilità. L’uno e l’altro sono consustanziali. La libertà non è libertinaggio.